22 ottobre 2012

No (nos) olvides

"No se olvide señorita" (no NOS olvide, voleva dire in realtá). "Vuelva a visitarnos, la casa está abierta para Uds."
(Non si dimentichi signorina (non CI dimentichi, voleva dire in realtà). Torni a farci visita, la casa è aperta per voi.)

Questo è quello che ci ha detto la mamma di José Luis, un ragazzo disabile di 18 anni che vive in cima al cerro (collina) di San Juan de Miraflores (uno degli insediamenti umani di Lima), quando siamo andate a trovarlo assieme alle operatrici di Aynimundo.

José Luis ha una lesione al cervello che non è genetica, ma che gli è stata provocata durante il parto da un medico incapace. Non è un caso isolato, come si potrebbe pensare: molti dei disabili qui in Perú lo sono a causa di negligenza o incapacità da parte del personale medico che fa soffrire il feto durante il parto.

Milagros, psicologa e operatrice di Aynimundo, mi racconta che spesso i medici, quando una donna mette al mondo un figlio affetto da sindrome di down o disabile, consigliano loro di fargli fare la fine di gattini non voluti, che tanto, poi, signora, ne fa un altro. Come a dire, ritenta, sarai più fortunata, nel frattempo, questo che è venuto male, buttalo nella spazzatura.

La mamma di José Luis, invece, se lo è tenuto e ha sempre lavorato (sottopagata e sfruttata) fino a spezzarsi la schiena per potersi permettere ciò di cui necessitava il figlio: cuce dei bellissimi golf peruviani a S/. 2.00 l'uno, che poi vengono rivenduti a S/. 80.00 nei mercati per turisti. Vivono in quella che noi difficilmente chiameremmo casa, assieme al padre e a un'altra figlia. La famiglia è abbandonata a se stessa: per loro non esistono aiuti economici, non esiste una rete d'appoggio solida e strutturata che fornisca loro dei servizi d'appoggio e non usufruisce nemmeno di una corretta informazione medica su quello che significa e comporta avere un portatore di handicap in famiglia.

Socialmente la disabilità non viene accettata ed è molto difficile che un disabile possa avere una vita anche lontanamente "normale", specialmente se poi gli tocca anche nascere povero: José Luis non vede nessuno, non va a scuola, non può uscire di casa a causa delle barriere fisiche (vive in una baracca in cima a un cerro, ovvero in un ammasso di pietre e assi di legno arroccato su rocce e rena scoscesa), senza contare che ormai, a 18 anni, è troppo pesante e la madre non riesce a portarlo fino a valle, né in collo, né sulla sedia a rotelle; l'unica volta che è riuscita ad arrivare fino alla strada con l'aiuto dei vicini, il conducente della combi prima ha preteso che pagasse un sovrapprezzo per trasportare la sedia a rotelle, poi ha cambiato idea e si è rifiutato di far salire il figlio.

Ci sono poi anche altri casi disperati, come quello del ragazzo che, mentre si trovava in un internet point, si è ritrovato coinvolto in una sparatoria e un proiettile l'ha colpito alla testa: adesso ha un edema celebrale che gli deforma il cranio ed è quasi totalmente paralizzato, ma potrebbe migliorare (anche se non recuperarsi al 100%), se solo la sua famiglia avesse i S/. 12000.00 (€ 3556,1378) che sono necessari per operarlo.

Per tutte queste ragioni, il lavoro di associazioni come Aynimundo è fondamentale, perché spesso è una delle poche risorse alle quali queste famiglie possono fare appello.

Aynimundo è un'associazione che lavora principalmente con disabili, una categoria che qui in Perú è tutt'altro che protetta. Al contrario, è tra le più trascurate e bisognose di supporto del paese. Ho avuto modo di osseravre il loro lavoro da vicino e comprovare la loro serietà, nonché la gentilezza e la professionalità degli operatori, quindi, se state cercando un'associazione affidabile alla quale fare una donazione o presso la quale svolgere un periodo di volontariato, prendetela in considerazione: è piccola, ma tosta e ben organizzata.

Perché scrivo tutto questo?
Perché nessuno dovrebbe dimenticare la fortuna che ha avuto di nascere sano e non povero.
Nessuno dovrebbe dimenticare quello che succede qui in Perú (come in altre parti di questo vasto, piccolo mondo).
Nessuno. Nemmeno io.
E allora lo scrivo qui, così lo ricordo a voi e lo ricorderò a me stessa ogni volta che lo rileggerò.


Con José Luis e Simona


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