20 maggio 2015

AAA formatori con esperienza cercasi



Il problema è che quasi più nessuno è disposto ad insegnare, ad investire su di te. Non so se sia unicamente un problema di soldi... A me sembra che manchi la voglia di impiegare il proprio tempo per formare seriamente le nuove generazioni di lavoratori, non per metterci una pezza quel tanto che basta a sfruttare braccia da lavoro per poi rimpiazzarle con il successivo paio quando il giochino non è più conveniente.

Tornata dal Perú, per mesi ho fatto il porta a porta cercando qualche fornaio disposto a insegnarmi a fare il pane, quello artigianale: zero, nemmeno quando gli prospettavo l'opzione dei Tirocini formativi della Regione Toscana, aiuti economici che permettono al datore di lavoro di assumere un apprendista a basso costo (circa € 200,00 al mese, al resto pensa la Regione). A volte, addirittura, mi sono dovuta sentir dire che una donna in laboratorio non ce l'avrebbero messa...

Ho una laurea, un master, parlo fluentemente due lingue e ho vissuto 3 anni all'estero, lavorando nei settori più disparati, ma non ho mai avuto la puzza sotto al naso, non mi rifiuto di fare certi lavori perché "sono laureata", non mi spaventano i lavori di fatica, come dice mio padre "qualsiasi lavoro è dignitoso se ti permette di mantenerti senza rubare". Mi piace l'idea d'imparare cose nuove: ogni lavoro è un'esperienza che ti arricchisce e ti dà strumenti utili da impiegare in altre occasioni.

Eppure non ho trovato nessuno disposto ad insegnarmi. E conosco tantissimi ragazzi e ragazze, preparati, capaci, volenterosi che sono nelle mie stesse condizioni. E fidatevi: sono di più dei bamboccioni o degli inattivi, che pure ci sono certo, ma forse andrebbero indagate le cause che li portano ad esserlo (personalmente, ritengo che la mancanza di speranza e la convinzione che ogni tentativo di smuoversi sia inutile - spesso corroborata dall'esperienza diretta e dai tentativi frustrati - sia uno dei motivi principali).

Le poche occasioni che ci capitano, ce le siamo guadagnate con le unghie e con i denti, ma ci chiamano bamboccioni. Siamo carne da macello per i datori di lavoro che ci assumono con paghe da fame perché per questa società non siamo mai abbastanza preparati, ma ci dicono choosy. 

Insegnare non vuol dire versare delle idee in un contenitore vuoto e aspettarsi che l'alunno ripeta come un automa ogni singolo gesto alla perfezione. Vuol dire seminare, prendersi cura di, trovare il tempo di correggere, sottolineare gli errori non stigmatizzando, ma prendendoli come spunto di miglioramento e apprendimento. Insegnare un mestiere non significa solo trasferire una serie di nozioni da una persona ad un'altra, ma è insegnare "come" si fa, la passione che ci vuole, la cura, la pazienza, i trucchi... Tutto quello che un lavoratore ha potuto imparare solo con l'esperienza e grazie a qualcuno che ha trovato il tempo di guidarlo in questo percorso.

La mia non è una critica fine a se stessa, ma un appello: voi, lavoratori d'esperienza che siete là fuori, formateci, dateci la stessa opportunità che qualcuno, in qualche momento della vostra vita, ha dato a voi, non abbiate paura ad investire su di noi! 

Se non torniamo a fare progetti a lungo termine, invece di tamponare le continue situazioni d'emergenza, di questo paese non rimarrà davvero più nulla e le prossime generazioni che subentreranno ai pensionati o ai vecchi che prima o poi moriranno, non sapranno da che parte farsi: tutti i saperi e le conoscenze che abbiamo accumulato in anni e anni, scompariranno.

E non so pensare a un futuro più triste, per me, per noi, per l'Italia e forse anche per il mondo.

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