04 ottobre 2008

Cooperazione VS Etero-avversione


Me lo chiedo ormai da tre anni: ma i miei "compagni" d'università, che l'hanno scelta a fare cooperazione?

Sono tre anni che ci scambiamo due parole solo in occasione degli esami, quando la tensione è troppa e si sente il bisogno di condividerla. Se poi ci incontriamo a lezione o per i corridoi, mi ritrovo a salutare nel vuoto gente indifferente. Sono ancora legati al modus operandi del liceo, dove si parla solo di voti e rendimento e dove si fa di tutto per apparire diligenti e studiosi durante le lezioni.

Scusatemi, ma io, a 22 anni, non le reggo più le scene pietose di gente che non ascolta per ore il professore e ad un tratto  se ne esce con domande assurde che non c'entrano nulla, solo per far vedere che interviene e partecipa alla lezione (fittiziamente).
Non sopporto nemmeno quello/a che (di solito dal primo banco) si gira e con aria severa fa "ssshhhh!" perché c'è un po' di brusio nell'aula: non lo sopportavo alle medie, figurarsi adesso!

Certo, la colpa è anche dei professori: fossi io un'insegnante, gente così la farei vergognare.

Ma tornando al discorso principale: perché persone con scarso interesse e scarsa attitudine alle relazioni umane, sceglie di laurearsi in "Scienze Sociali per la Cooperazione, lo Sviluppo e le Relazioni tra i Popoli"?

Per carità, tutti abbiamo i nostri difetti e i nostri caratteracci (io in primis), ma come puoi interessarti e appassionarti alle sorti di persone che vivono dall'altra parte del pianeta, se non riesci a farlo con il tuo vicino di banco, di casa, ecc...?

Nell'ambito della cooperazione e del volontariato, queste ipocrisie saltano ancora più agli occhi, il contrasto è stridente e nausea ancora di più.

Dobbiamo starci simpatici per forza, allora?
Ma anche no.
Io credo (anzi, spero) che possiamo riuscire ad avere un atteggiamento cooperativo, a collaborare, anche se ci si sta cordialmente (o dichiaratamente) sulle scatole.
Me lo auguro, perché altrimenti il nostro destino sarà l'annientamento reciproco.

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