27 agosto 2008

L'ipocrisia del "politicamente corretto"


Dopo un episodio personale accadutomi giusto ieri sera, mi sono venute in mente un paio di riflessioni che vorrei appuntarmi qui:

Accettare le critiche è segno d'intelligenza, anche se, di fatto, è molto difficile riuscirvi.
Tutti si credono qualcuno e per questo motivo non sopportano il giudizio altrui, le critiche, le aspettative: incapaci di sopportarne il peso, siamo sempre più arroganti e  pretenziosi, ma al tempo stesso più fragili.

Dare giudizi, soprattutto superficiali, è una caratteristica intrinseca dell'essere umano: è irrealistico aspettarsi che la gente non ti soppesi, non ti inquadri e non sputi sentenze. E' l'unico modo maldestro che conosciamo per crearci sicurezze e parametri di misura delle cose. I metri di giudizio, le verità, i sentimenti, sono tutte cose soggettive, quindi perché mai dovrebbe valere più l'opinione di uno sconosciuto che la nostra?

Secondo me l'intelligenza, come in tutte le altre cose della vita, sta nel tendere verso un equilibrio: prendere le critiche, elaborare quelle che possono essere costruttive e lasciarsi scivolare addosso le altre. Separare il grano dalla crusca, insomma.
Ebbene sì, è la scoperta dell'acqua calda, ma non trovo soluzioni originali che siano più adatte di questa, magari un po' banale, ma non per questo meno vera.

Siamo pieni di opinionisti e di critici che non sono altro che ipocriti che si nascondono dietro quella brodaglia indistinta che è il "politicamente corretto", perciò ben vengano persone schiette che non hanno paura delle conseguenze delle parole di una lingua senza briglie, ben vengano persone che dimostrano di averlo ancora questo senso critico di cui tutti parlano e al quale tutti ci esortano, ma che si sta estinguendo come i panda e le tartarughe!

La verità è che procediamo tutti alla cieca e dovremmo limitarci a farlo nel modo più corretto possibile nei confronti degli altri, rimanendo coerenti al nostro modo di pensare e fedeli al nostro cuore.

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